Pittura, questa di Puccio, sostanziosamente materica a tu per tu con il gremito della realtą. Domina un movimento, un moto che dą luogo a scene e figurazioni tuttavia insolite per la forza visionaria che le anima e per alcuni intendimenti sotterranei che tenterei di chiarire. La premessa potrebbe consistere in un sogno parecchio ambizioso: la "restituzione" di un transitare di vissuti, proprio e altrui, qua e lą fermato e riarticolato da stati geometrici, scientifici quasi, di assestamento per scansioni. E allora, tra gli intendimenti sotterranei, dovremo annoverare lÕandirivieni delle ripetizioni variate, i mutamenti incorporati che addirittura possono ricondurre a stacchi filmici, ad una fascinazione di ambiguitą.
La poetica di Pietro Puccio puņ essere semplicemente
(e drasticamente) tradotta come una poetica cinematografico-pittorica dove attori, ciack, inquadrature e montaggio si mischiano nel tempo,
il tempo dei ricordi, delle sensazioni, delle somme e delle scomposizioni del corpo.
L'uomo che mangia mentre si muove e tocca e pensa, viene
rappresentato in un unico momento pittorico; come se un fotografo lasciasse l'obiettivo della propria macchina fotografica aperto all'infinito e la pellicola riuscisse ad indagare ed a catturare le posizioni e gli stati d'animo dell'uomo che mangia, degli amanti sul letto, di un uomo che scende le scale.
Tutto questo a puntate in un quadro solo dove, con veri e propri tagli cromatici, il pittore descrive vari episodi della vita dei corpi.
Buona visione